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23 ottobre 2014

Ohm-Ohm-Ohmmmm




Ormai la frutta martorana si fa coi nani in mezzo ai piedi.

Impasto io!
Lo sformo io!
Dipingo io!
Lo schiaccio io!
io, io, io!
Lui ne ha fatto uno in più di me!
Me lo posso mangiare?
La carota è difficilissima da fare!
Mamma, se lecco il colore muoio?

Ohm-Ohm-Ohmmmm















E poi mentre fai le foto spuntano delle testoline nell'inquadratura.
Buona festa dei morti!


Volete saperne di più sui nostri dolcetti?





Nel 1143 l’ammiraglio Giorgio di Antiochia, fedelissimo di Ruggero II che fu il primo re normanno, aveva fatto erigere una chiesa che venne affidata alle monache greche, nel cui attiguo convento confezionavano già, in occasione della festa di Tutti i Santi, degli amati dolcetti colorati e lucenti per la gomma arabica usata per fissare i colori vegetali, di cui il rosso veniva estratto dalle rose, il giallo dagli stani di zafferano e il verde dal pistacchio.

Sempre in epoca normanna, nell'anno 1193, Eloisa Martorana edificò il Monastero che da lei prese il nome e conglobò la chiesa ed il convento delle monache greche e innalzò le cupole rosse di derivazione araba, che del resto ornavano anche la Chiesa di San Giovanni degli Eremiti, fatta costruire da Ruggero II. Naturalmente tutto il complesso, per estensione, venne chiamato “della Martorana”. Nel 1435 Re Alfonso d’Aragona donò alle suore Benedettine il complesso che continuò a chiamarsi “Monastero della Martorana”. Anche se nessuno più si ricordava di Eleonora Martorana, il suo nome era passato ai bellissimi dolci siciliani di pasta reale, ormai chiamati dovunque “di Martorana”, per il secolare e sapiente lavoro delle monache di quel monastero.

Si racconta che le monachelle attendevano la visita di un illustre prelato e per abbellire il giardino pensarono di rimpiazzare i frutti ormai raccolti con i dolci di marzapane a forma e colore di arance, mandarini e limoni. Fu un grande successo.
Intanto i dolci, prima nati solamente per la festa del 1° novembre erano diventati punto di forza della successiva Commemorazione dei Defunti del 2 Novembre. Ed infatti questi bellissimi dolci, la notte dei Morti, venivano posti in leggiadri panierini infiocchettati di fili di seta rossi e dorati, i colori della Sicilia, per premiare i bambini buoni, mentre per quelli più cattivelli, a mò di punizione, c’era solo carbone.

La martorana veniva ormai confezionata in ogni periodo dell’anno, giacché del dolce prodotto si impadronì la potente corporazione dei “Confettari”. Non per questo le monache della Martorana o di altri Monasteri ne avevano sospeso la pratica. Anzi, cinque secoli dopo la cacciata degli Arabi, era tanta l’abitudine di confezionare in conventi femminili i suddetti dolci, che nel 1575 il Sinodo diocesano di Mazara del Vallo fu costretto a proibire la fabbricazione di pasta reale alla Martorana e di cassate, con espresso divieto, per non distrarre le monache dalle pratiche religiose durante la Settimana Santa! Ma sono certo che mai più solenne divieto sia stato più disatteso di questo. Infatti le pie monachelle, che vedevano nell’opera del “Confettari” una terribile e crescente concorrenza, non se ne diedero pensiero e, bellamente, anche per non perdere i clienti, continuarono a dipingere frutti di Martorana e a confezionare cassate, cassatelle e, perfino, “minni di Virgini” nella quiete dei loro secolari conventi anche di clausura.
(tratto da http://italyexport.com/cesititalia/trapani/pasta_martorana.htm di Pino Correnti)






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